Dall'accanimento teraputico all'eutanasia passiva

 di Tito Lucrazio Rizzo

 

La razionalità che sia in campo laico che in quello cristiano, è sovente richiamata come punto di incontro e di dialogo tra le rispettive culture, nonché quale criterio ultimo di giustificazione del diritto positivo, è oggi ancorata all’interrelazione di problemi etici, scientifici e giuridici. Da siffatta interrelazione è nata la bioetica, disciplina mirante ad armonizzare il progresso delle tecno-scienze per il corpo umano, con il rispetto dei valori codificati dalla legge e della sensibilità insita in ogni retta coscienza va infatti premesso, prioritariamente, che non tutto ciò che è scientificamente possibile (la Germania hitleriana aveva avviato delle sperimentazioni disumane), è eticamente accettabile, venendo a collidere con i dettami della razionalità, attenta al rispetto della dignità della persona.

Ma, per converso, il progresso scientifico non deve neanche, più o meno inconsapevolmente, essere addotto a parametro di più restrittivi confini di moralità, scaturenti dall’avanzare di opportunità terapeutiche un tempo fantascientifiche. La scienza, nel proseguire il suo cammino, non può essere vincolata dai divieti posti da singole religioni positive (per evitare il ripetersi di casi come quello di Galileo Galilei), né proporsi essa stessa come fonte di una nuova etica. Il cardinale Martini ha osservato che il progresso scientifico non può essere fermato ma può essere aiutato ad essere sempre più responsabile, non tanto appellandosi alla fede o alla religione, quanto al senso etico che ognuno porta dentro di sé nel limite invalicabile del rispetto della dignità umana.

Il vincolo della scienza, come del diritto, il quale ultimo è doverosamente tenuto ad aggiornarsi alla luce delle nuove problematiche legate al progresso della ricerca, è dunque – a nostro avviso - quello già richiamato del rispetto della coscienza razionale insita in ogni individuo, alla luce della quale egli può discernere tra il bene ed il male. Il Legislatore è pertanto chiamato ad intervenire per porre degli argini a quello che altrimenti potrebbe divenire il caos intollerabile di una sperimentazione che, avviata per migliorare la vita dell’uomo, potrebbe ritorcersi contro di lui, sovvertendo l’ordine della Natura che, per chi è credente, è stato posto da Iddio stesso. La scienza cammina assai spedita, ma il Legislatore arranca nel seguirla, innanzi a dei problemi che investono l’etica, il diritto, l’economia, la vita relazionale ed affettiva, la biologia… Uno in particolare è di drammatica attualità: quello del labile confine tra l’eutanasia passiva, consistente nel lasciar morire una persona non lucida tralasciando le cure ordinarie (moralmente riprovata e giuridicamente illecita in Italia), e la fine dell’accanimento terapeutico (moralmente e giuridicamente consentita).

L’accanimento in questione è dato da quelle cure che, seppure appropriate dal punto di vista clinico in altri contesti, non dovrebbero essere somministrate ad un malato terminale in quanto inutili a guarirlo o ad alleviarne le sofferenze, rischiose, o eccezionali (sotto il profilo tecnologico, sperimentale, o economico). Il dramma delle coscienze dei medici, dei pazienti o dei loro cari, nasce proprio dall’interpretazione del requisito della menzionata eccezionalità: infatti ciò che ieri rientrava in tale contesto, oggi grazie ai progressi della medicina, può essere ascrivibile alla normalità (basti pensare, per esempio, alla dialisi). Ne consegue che se ieri era da considerarsi lecita l’interruzione di una poco diffusa terapia, nel momento in cui la stessa è divenuta di uso comune, inesorabilmente viene ad essere rubricata come eutanasia passiva. Ma se il bene ed il male non possono essere relativizzati, e devono conseguentemente porsi come valori assoluti ed uniformi nello spazio e nel tempo, come è moralmente concepibile che il rigore della sanzione morale (prima che giuridica) sia di fatto paradossalmente legato al progresso della scienza?

L’interruzione di tutto ciò che è scientificamente possibile nel tenere in vita artificialmente un malato, altrimenti giunto alla fine del percorso terreno assegnatogli dal Creatore o dalla Natura che dir si voglia, può considerarsi un oltraggio alla vita? Laddove per il progresso della scienza e della tecnica si creano zone di frontiera o zone grigie - ha detto il cardinale Martini nel corso di un dialogo con il prof. Marino apparso sull’Espresso del 21 aprile 2006 - dove non è subito evidente quale sia il vero bene dell’uomo e della donna, è buona regola astenersi anzitutto dal giudicare frettolosamente e poi discutere con serenità, così da non creare inutili divisioni. Un caso eclatante della cronaca recente, è stato il dramma umano e spirituale di Piergiorgio Welby, affetto da sclerosi laterale amiotrofica, il quale aveva chiesto di interrompere la ventilazione automatica che lo teneva in vita al medico Mario Riccio, che di tale desiderio si sarebbe poi reso esecutore.

La Magistratura, alla luce dell’art.32 della Costituzione (Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge), ha correttamente escluso ogni perseguibilità del dottor Riccio, dato che aveva agito su precisa disposizione di un soggetto pienamente capace di intendere e di volere, determinato a porre fine alle proprie sofferenze.
Malgrado la chiarezza del dettato costituzionale non sembrasse poter dare adito a dubbi interpretativi, non sono mancate polemiche e strumentalizzazioni politiche da parte di entrambi gli schieramenti, oscillanti tra l’esaltazione di una vita a qualunque costo, e la speculare estremizzazione del diritto di disporne sino alle più tragiche conseguenze.

Una riforma legislativa ad hoc, interpretativa dell’art.32 cost., potrebbe esplicitare la possibilità del rifiuto informato delle cure da parte del paziente, proteggendo il medico da eventuali incriminazioni per omicidio del consenziente o per aiuto al suicidio.
Nel frattempo, sia il supremo tribunale della coscienza a farci da guida e nel fare nostra l’esortazione del Cardinale, ci sia consentito di appellarci al corretto sentire di cittadini bene informati sui profili tecnico-scientifici delle nuove acquisizioni della scienza, per poter decidere non alla luce di superficiali emozioni o di aprioristici dogmatismi, ma di un convinto e documentato ragionamento, che deve sempre privilegiare il primato della persona umana e della sua dignità. Il compito che ci attende è quello di portare alla luce la razionalità naturale che è più o meno recondita in ogni essere umano, e che conduce necessariamente alla ricerca del Bello, del Vero e del Buono, in cui si appalesa il volto stesso del Creatore di ogni armonia. 


                                                              

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