Di Caruso ovvero delle farneticazioni di un parlamentare

 di Angelo Costa

 

Sono convinto che in un Paese libero, civile, democratico, sia lecito criticare una legge o una proposta di legge, questo è un monito che deve valere sempre e che è alla base del principio di libertà e di idea di parlamento che deve caratterizzare uno Stato democratico. Guai se non ci fosse chi alza la voce e si fa interprete e rappresentante di una parte del Paese che mal sopporta una legge, o addirittura che vede questa come una lesione dei propri diritti: sarebbe la fine della democrazia. Le leggi in democrazia nascono per migliorare un Paese, ma se ciò non avviene, allora è lecito criticarle ed eventualmente cambiarle o abrogarle del tutto. Questo è quanto è successo tante volte nella storia dell’Italia repubblicana e questo è quanto succede in ogni Paese democratico.

Alla luce di ciò, quindi, anche le leggi in materia di lavoro sostenute da Tiziano Treu e da Marco Biagi sono suscettibili di critica e sono, di conseguenza, suscettibili di essere modificate: è lecito che qualcuno, dopo aver letto i provvedimenti, avanzi delle critiche, anche forti e decise se è il caso. Quello che non è lecito è che un deputato, un membro del parlamento italiano, si lasci andare in deliranti farneticazioni che non solo sono un invito esplicito alla violenza, ma mancano anche di sensibilità e di rispetto verso chi come il professore Biagi ha perso la vita facendo il proprio lavoro.

In questi giorni di calura estiva i parlamentari stanno veramente dando il meglio: chi sta sulle spiagge, chi fa gite in montagna, chi sta fra la gente ha modo di sentire che ovunque la distanza tra la classe dirigente, tra i politici e la gente in questo Paese si sta facendo enorme.

Il problema non è tanto Caruso e le sue ingiuriose dichiarazioni (concedergli più spazio di quello che ha già avuto in questi giorni sulla stampa sarebbe un omaggio gratuito che non merita), ma il problema è ben più complesso ed è quello della selezione della classe dirigente di questo Paese. Con molta sincerità e forse con un pizzico di sano conservatorismo, considero il parlamento un luogo sacro, che mai come in questa estate è stato profanato e mai come in questa estate è stata violata la dignità di milioni di cittadini italiani che quel parlamento con il loro voto hanno contribuito a formarlo. In Italia non c’è il costume delle dimissioni, o meglio c’è il costume delle dimissioni intimidatorie, quelle cioè che durano un giorno al fine di mandare un segnale e che poi prontamente rientrano.

Non è un problema di colore politico, perchè in tutti i casi di questa estate (che ancora non è finita e che quindi potrebbe ancora riservare qualche sorpresa, Charles Maurras diceva che “Bisogna aspettarsi di tutto in politica, fuorché lasciarsi cogliere di sorpresa”), le condanne sono state trasversali, quasi unanimi; il problema è che questa classe dirigente viene selezionata in maniera arbitraria e con criteri il più delle volte assurdi: come sarebbe possibile, altrimenti, vedere Caruso occupare uno scranno in parlamento se ci fosse una politica seria ed attenta ai bisogni veri della gente, come sarebbe possibile che un giovanottino dal passato burrascoso e dai contorni ideologici contorti e confusi venga scelto per legiferare per il bene del Paese? Verrebbe da chiedersi come è possibile che chi non riesce a badare neppure a se stesso possa badare addirittura al Paese?

Spero che la pausa estiva porti consiglio ed al rientro dalle ferie la politica possa fare un esame di coscienza e prendere le distanze, non solo con dichiarazioni rilasciate alla stampa, ma con gesti concreti, da quanti quotidianamente profanano la dignità del parlamento e dell’essere rappresentante a servizio di questo Paese!

Sarebbe bello, dopo aver sentito le dichiarazioni di Caruso voler credere a quanto affermava con sarcasmo Charles De Gaulle: “Dato che un politico non crede mai in ciò che dice, resta sorpreso quando gli altri ci credono”. Sarebbe bello, ma purtroppo sappiamo che, ormai, in Italia non è più così... capita sempre più spesso che i politici credono in quello che dicono e spesso, ahimè, dicono cose ignobili.

 


                                                              

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