Se la libertà nasce dal buio medioevo
di Flavio Felice - L'articolo è apparso su "Liberal" del 23 giugno 2010 - English Version
Nella mentalità comune è riscontrabile un pregiudizio circa una presunta incompatibilità tra libertà e cristianesimo. Per mostrarne l'infondatezza, l'autore mette in luce come nel Medioevo europeo occidentale, l'epoca in cui il cristianesimo ha espresso la sua influenza sulla società più che in ogni altra, affondano le loro radici gran parte delle libertà e dei diritti che costituiscono il patrimonio del nostro vivere civile. Non solo, ma anche delle istituzioni che danno loro espressione e garanzia.
Come osserva Rocco Buttiglione nella sua prefazione al libro, «in questa visione non esiste una cesura epocale fra Medio Evo ed età moderna, non c'è un uomo del Medio Evo essenzialmente diverso dall'uomo moderno, con un orizzonte di pensiero e di esistenza assolutamente diverso ed incomunicabile…, quasi che esistesse una rottura assoluta fra i “secoli bui” e la civiltà moderna». Al contrario, «la libertà moderna ha le sue radici proprio nella cosiddetta età di mezzo». Infatti, solo in Europa occidentale, a differenza di tutto il resto del mondo, la libertà ha avuto modo di svilupparsi e consolidarsi.
Che cosa ha fatto sì che ciò accadesse? Innanzi tutto il monito di Gesù «rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio» certo, ma questo dovrebbe valere anche per l'oriente cristiano; in realtà è stato così solo in parte. Qual è dunque l'elemento che ha reso unica l'esperienza del nostro mondo occidentale, con le sue libertà individuali e collettive, politiche ed economiche? Ormas lo individua nel concetto tipicamente sturziano ed actoniano di dualismo tra Chiesa e Stato, un dualismo che conosce fasi alterne, ora di conflitto, ora di collaborazione, e che si dispiega per tutto il corso della storia, anche oggi, come la cronaca ci ricorda.
Dualismo indagato e approfondito sulla scorta di alcuni autori di riferimento a cui non è stata resa piena giustizia dalla cultura europea e in particolare da quella italiana. I fratelli Carlyle, con la loro monumentale Storia del pensiero politico medievale, Lord Acton con la sua incompiuto Storia della libertà, che arricchisce il dualismo Stato-Chiesa dei Carlyle con quello Stato-società e il nostro Luigi Sturzo, col suo Chiesa e Stato, saggio sociologico storico, che affina in chiave sociologica lo strumento concettuale del dualismo con quello della diarchia.
Il periodo indagato da Ormas va dal V secolo, quando Papa Gelasio ha elaborato la dottrina della distinzione tra potere temporale e spirituale - nonché dell'indipendenza di quest'ultimo -, al XVI secolo, quando Francisco de Vitoria, teologo della Scuola di Salamanca, ha redatto quella che è stata definita la prima “carta dei diritti umani”. Vitoria infatti, col suo recupero del giusnaturalismo classico di Tommaso, rappresenta il culmine della riflessione medievale sui diritti umani. Al tempo stesso segna il momento di passaggio al nuovo modo di sentire il tema del diritto naturale, tipico dell'epoca moderna, quello che chiamiamo “giusnaturalimo laico”, che vede in Ugo Grozio, la sua prima è più tipica espressione.
L'orizzonte culturale che abbraccia questo lungo arco di tempo è quello della christianitas medievale che nasce nel IX secolo grazie all'integrazione di tre culture: l'eredità del mondo classico, la rivelazione cristiana rimeditata dai Padri e le tradizioni dei popoli germanici subentrati al crollo dell'Impero d'Occidente. Tale orizzonte è caratterizzato da quattro principi. Il primo afferma che tutti gli uomini sono uguali per natura. Il secondo che il potere politico deriva dal popolo. Il terzo riguarda la persona, considerata indisponibile per lo Stato in quanto è immagine di Dio e a lui solo appartiene. Il quarto sostiene che l'autorità del governante non è mai assoluta ma è limitata dalle consuetudini giuridiche nazionali: non è il sovrano infatti la fonte del diritto, ma la tradizione del popolo, come dice l'Edictum Pistense dell'869: «Quoniam lex consensu populi et constitutione regis fit».
Grazie a questi principi, matura il riconoscimento delle libertà individuali e sociali nei confronti del “potere” che saranno tipiche del mondo moderno. Infatti si consolidano usi, costumi, convinzioni oltre che una mentalità connotata di evidenze etiche tali da originare la coscienza dei diritti che noi oggi abbiamo.
É importante notare che non si tratta solo di intenzioni ma anche di prassi, di istituzioni, di leggi, di ordinamenti, di fatti, insomma. Appartiene infatti al pensiero medievale, secondo Lord Acton, il merito di «ridurre ogni autorità politica entro limiti definiti».
Per tale ragione Ormas si è soffermato non sullo sviluppo delle vicende storiche ma, all'interno di tali vicende, sull'intreccio delle dottrine teologiche, filosofiche, giuridiche circa la libertà e sulle loro conseguenze a livello politico e sociale.
A suffragare la sua tesi concorrono una quantità di testi e documenti che danno ragione della ricchezza delle problematiche e delle acquisizioni di quel mondo così lontano e insieme così vicino a noi.
Se tale ricchezza di problematiche fosse maggiormente divulgata verrebbe anche a cadere il pregiudizio iniziale circa l'incompatibilità tra cristianesimo e libertà che tanta influenza ha in una parte della cultura e nella mentalità comune.
Flavio Felice – Presidente Centro Studi Tocqueville-Acton – Adjunct Fellow American Enterprise Institute
Nella mentalità comune è riscontrabile un pregiudizio circa una presunta incompatibilità tra libertà e cristianesimo. Per mostrarne l'infondatezza, l'autore mette in luce come nel Medioevo europeo occidentale, l'epoca in cui il cristianesimo ha espresso la sua influenza sulla società più che in ogni altra, affondano le loro radici gran parte delle libertà e dei diritti che costituiscono il patrimonio del nostro vivere civile. Non solo, ma anche delle istituzioni che danno loro espressione e garanzia.
Come osserva Rocco Buttiglione nella sua prefazione al libro, «in questa visione non esiste una cesura epocale fra Medio Evo ed età moderna, non c'è un uomo del Medio Evo essenzialmente diverso dall'uomo moderno, con un orizzonte di pensiero e di esistenza assolutamente diverso ed incomunicabile…, quasi che esistesse una rottura assoluta fra i “secoli bui” e la civiltà moderna». Al contrario, «la libertà moderna ha le sue radici proprio nella cosiddetta età di mezzo». Infatti, solo in Europa occidentale, a differenza di tutto il resto del mondo, la libertà ha avuto modo di svilupparsi e consolidarsi.
Che cosa ha fatto sì che ciò accadesse? Innanzi tutto il monito di Gesù «rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio» certo, ma questo dovrebbe valere anche per l'oriente cristiano; in realtà è stato così solo in parte. Qual è dunque l'elemento che ha reso unica l'esperienza del nostro mondo occidentale, con le sue libertà individuali e collettive, politiche ed economiche? Ormas lo individua nel concetto tipicamente sturziano ed actoniano di dualismo tra Chiesa e Stato, un dualismo che conosce fasi alterne, ora di conflitto, ora di collaborazione, e che si dispiega per tutto il corso della storia, anche oggi, come la cronaca ci ricorda.
Dualismo indagato e approfondito sulla scorta di alcuni autori di riferimento a cui non è stata resa piena giustizia dalla cultura europea e in particolare da quella italiana. I fratelli Carlyle, con la loro monumentale Storia del pensiero politico medievale, Lord Acton con la sua incompiuto Storia della libertà, che arricchisce il dualismo Stato-Chiesa dei Carlyle con quello Stato-società e il nostro Luigi Sturzo, col suo Chiesa e Stato, saggio sociologico storico, che affina in chiave sociologica lo strumento concettuale del dualismo con quello della diarchia.
Il periodo indagato da Ormas va dal V secolo, quando Papa Gelasio ha elaborato la dottrina della distinzione tra potere temporale e spirituale - nonché dell'indipendenza di quest'ultimo -, al XVI secolo, quando Francisco de Vitoria, teologo della Scuola di Salamanca, ha redatto quella che è stata definita la prima “carta dei diritti umani”. Vitoria infatti, col suo recupero del giusnaturalismo classico di Tommaso, rappresenta il culmine della riflessione medievale sui diritti umani. Al tempo stesso segna il momento di passaggio al nuovo modo di sentire il tema del diritto naturale, tipico dell'epoca moderna, quello che chiamiamo “giusnaturalimo laico”, che vede in Ugo Grozio, la sua prima è più tipica espressione.
L'orizzonte culturale che abbraccia questo lungo arco di tempo è quello della christianitas medievale che nasce nel IX secolo grazie all'integrazione di tre culture: l'eredità del mondo classico, la rivelazione cristiana rimeditata dai Padri e le tradizioni dei popoli germanici subentrati al crollo dell'Impero d'Occidente. Tale orizzonte è caratterizzato da quattro principi. Il primo afferma che tutti gli uomini sono uguali per natura. Il secondo che il potere politico deriva dal popolo. Il terzo riguarda la persona, considerata indisponibile per lo Stato in quanto è immagine di Dio e a lui solo appartiene. Il quarto sostiene che l'autorità del governante non è mai assoluta ma è limitata dalle consuetudini giuridiche nazionali: non è il sovrano infatti la fonte del diritto, ma la tradizione del popolo, come dice l'Edictum Pistense dell'869: «Quoniam lex consensu populi et constitutione regis fit».
Grazie a questi principi, matura il riconoscimento delle libertà individuali e sociali nei confronti del “potere” che saranno tipiche del mondo moderno. Infatti si consolidano usi, costumi, convinzioni oltre che una mentalità connotata di evidenze etiche tali da originare la coscienza dei diritti che noi oggi abbiamo.
É importante notare che non si tratta solo di intenzioni ma anche di prassi, di istituzioni, di leggi, di ordinamenti, di fatti, insomma. Appartiene infatti al pensiero medievale, secondo Lord Acton, il merito di «ridurre ogni autorità politica entro limiti definiti».
Per tale ragione Ormas si è soffermato non sullo sviluppo delle vicende storiche ma, all'interno di tali vicende, sull'intreccio delle dottrine teologiche, filosofiche, giuridiche circa la libertà e sulle loro conseguenze a livello politico e sociale.
A suffragare la sua tesi concorrono una quantità di testi e documenti che danno ragione della ricchezza delle problematiche e delle acquisizioni di quel mondo così lontano e insieme così vicino a noi.
Se tale ricchezza di problematiche fosse maggiormente divulgata verrebbe anche a cadere il pregiudizio iniziale circa l'incompatibilità tra cristianesimo e libertà che tanta influenza ha in una parte della cultura e nella mentalità comune.
Flavio Felice – Presidente Centro Studi Tocqueville-Acton – Adjunct Fellow American Enterprise Institute