Lettera a Gianfranco Fini sulla laicità

di Rocco Buttiglione

(una versione ridotta del presente articolo è apparsa su "Il Secolo d'Italia" del 19/09/2009)


Caro Presidente, ti scrivo per dirti che, come molti del mio partito, ho molto apprezzato l’intervento che hai fatto alla nostra Assemblea Nazionale ed in particolare l’invito che hai fatto al dialogo fra laici e cattolici. Ne condivido il senso ma ho, come vedrai, alcune riserve sulla formulazione. Per questo vorrei farti alcune osservazioni per venire incontro a quello che mi sembra essere il tuo desiderio: favorire il formarsi, con lo strumento del dialogo fra posizioni diverse, di una comune cultura civile degli italiani.

Mi sembra che la discussione sul tema laici/cattolici in Italia sia avviata su di un binario morto perché ripete concetti antiquati che non ci aiutano a capire la novità reale del mondo in cui viviamo e dei problemi che abbiamo di fronte.

Io vorrei oggi provare ad avviare una riflessione di tipo diverso, fuori della contrapposizione inutile Laici/Cattolici.

Vorrei cominciare con un elogio del laicismo, quello di ieri dal quale oggi tutti vogliono prendere le distanze, quello della III Repubblica francese e quello di Norberto Bobbio. Il laicismo era una laica religione del dovere che cercava di offrire un orientamento per la vita. Aveva una sua morale, ed era una morale rigorosa, più rigorosa e severa di quella cattolica. Negli scritti di Alain, che è stato in un certo senso l’espressione più limpida di quel laicismo a livello continentale, la critica alla morale cattolica è condotta in nome di un (vero o supposto) lassismo e gesuitismo di quella morale. L’etica laica si collocava sul proseguimento del rigorismo giansenista e protestante. Sapeva dire dei sì ( pochi) e dei no (tantissimi). Era fortemente anticattolica e pensava di sostituire la religione tradizionale con una laica religione del dovere e dello stato.

Io quel laicismo credo di conoscerlo bene. Era il clima culturale dominante nel liceo D’Azeglio a Torino negli anni in cui lo ho frequentato ed animava le convinzioni di Norberto Bobbio di cui sono stato allievo per un breve periodo e di cui sono rimasto amico. Si è travasato in (una parte di) quella che per comodità si usa chiamare “cultura azionista”. Quel laicismo io lo ho contrastato per gran parte della mia vita eppure oggi ne sento una certa nostalgia.

Se quel laicismo era anticattolico esso era però altrettanto (anzi ancora di più) antilibertino. In un certo senso era anticattolico perché accusava il cattolicesimo di non riconoscere l’intera grandezza del dovere morale facendo dipendere la coscienza da un calcolo utilitaristico relativo a premi o castighi ultraterreni. Come è ovvio quel laicismo aveva il culto di Kant. Non a caso il maestro di Bobbio era Gioele Solari, che da Kant dipendeva nella sua impostazione fondamentale. La morale laica si fondava sulla convinzione che si sbagliasse clamorosamente Dostojewski quando diceva che se Dio non esiste tutto è permesso. Il laico di allora replicava che il bene rimarrebbe bene ed il male rimarrebbe male anche se Dio non esistesse. La coscienza, per loro, era il luogo in cui si manifestava la legge del dovere ed il dovere aveva come premessa il dominio delle passioni, la capacità di sacrificare l’interesse individuale, la convinzione di potere scoprire una verità che lega gli uomini. E’ importante aggiungere che quella verità aveva anche una necessaria dimensione sociale. Anzi: in quella parte dei laicisti che inclinavano verso il marxismo tale dimensione sociale era preponderante.

La crisi presente dipende in larga misura dal fatto che quella cultura laica è stata sopraffatta da un’altra cultura “laica” che è esattamente il suo opposto. Bobbio non c’è più ed al suo posto abbiamo i cultori del nichilismo. La cultura laica è diventata libertina. Tutta? Certo che no. E’ tuttavia impossibile negare che all’interno del campo laico abbia prevalso largamente lo spirito libertino. La nuova cultura non è più capace di dire dei no. E quindi non è più capace di orientare la vita. Per essa non solo Dio non c’è ma è anche vero che se Dio non esiste tutto è permesso. Scompare il tema della coscienza e con esso il dovere di rendere ragione delle proprie scelte e delle proprie azioni. Al dominio della coscienza succede la liberazione degli istinti ed il ruolo riconosciuto alla coscienza è semplicemente quello di impedire che venga messo in questione il diritto di fare quello che pare e piace.

La vera linea di frattura che attraverso il dibattito culturale (e di conseguenza il dibattito politico) contemporaneo non è quella fra laici e cattolici ma fra nichilisti e non. Rispetto alla nuova ideologia del nichilismo (o, come dice Benedetto XVI , del relativismo etico) la distinzione laici/cattolici passa in secondo piano. Proprio questo spiega il fenomeno degli “atei devoti”, laici che si rendono conto che, su tutte le questioni oggi rilevanti, i laici sono più vicini ai cattolici che non ai libertini o ai nichilisti.

Mentre una volta cattolici e laici competevano fra di loro su quale fosse la risposta giusta davanti al nichilismo oggi il nichilismo passa come cultura laica. Con il nichilismo passa anche la eclisse della ragione. Non è più necessario offrire argomenti a favore della propria posizione, giustificarla in una discussione razionale. E’ così perché a me piace ed ho la forza di imporlo. Kant non la pensava così. Diceva, per esempio, che ho il dovere di spiegare in che modo il principio cui si ispira la mia azione potrebbe valere come massima di legislazione universale.

La forza della Chiesa Cattolica nella società italiana cresce per una ripresa religiosa che è in atto. Cresce però ancora molto di più perché la Chiesa Cattolica rimane la sola a dire una parola sul bene e sul male e sui principi che integrano una comunità umana. Una cultura che rinuncia a fare questo accetta consapevolmente di gestire la propria progressiva decadenza ed infine la propria scomparsa dalla storia. Il più lucido dei nichilisti, Gianni Vattimo (che è il vero Antibobbio) lo riconosce apertamente. Il decostruzionismo (altro nome del nichilismo) distrugge soltanto ma non sa e non può e non vuole costruire nulla. Il paradosso è che esso oggi si presenta come etica laica, come erede della grande tradizione che fa capo ad Immanuel Kant. Non è così e le forze di ispirazione laica devono urgentemente rendersene conto se vogliono sviluppare una strategia politico/culturale all’altezza delle sfide del tempo presente. E’ a partire da questa situazione spirituale che diventa possibile pensare un incontro di laici e cattolici per sviluppare in una ragionevole discussione fra loro una nuova (comune?) filosofia civile.

Il tema, come è ovvio, ha un forte impatto politico. Molti politici parlano di laicità e insensibilmente la confondono con il relativismo etico e con il nichilismo. Dovrebbero riflettere sul fatto che un laico come Bobbio era contrario all’aborto. E cosa direbbero se mai capitasse loro di leggere ciò che pensava Mazzini (notoriamente non un clericale) sulla famiglia e sui diritti? Mazzini pensava che esiste un unico diritto, che è quello di fare il proprio dovere. Se lo avesse detto Benedetto XVI certo lo avrebbero accusato di ingerenza, di clericalismo e di incomprensione dei principi fondamentali della cultura moderna. Rompendo con la propria storia passata molti, sia a destra che a sinistra, hanno rotto con la cultura laica e si trovano così consegnati inevitabilmente al pensiero nichilista ogni volta che cercano di dare una profondità culturale alla loro azione politica. Invece dobbiamo rompere con il malaugurato slogan “vietato vietare”. Ogni sistema culturale funzionante comporta dei divieti e anche la affermazione dei diritti è in realtà una imposizione di doveri di rispetto di quei diritti. I diritti non sono gratis e ogni espansione dei diritti di alcuni comporta una compressione dei diritti di altri. Per questo non è possibile affermare nuovi diritti senza domandarsi: sono ragionevoli, cioè reali questi diritti? E sono quindi ragionevoli i divieti che noi contemporaneamente imponiamo? La vera libertà dell’uomo alla fine ne risulta ampliata o diminuita? La chiacchiera sulla laicità e sui diritti è il modo oggi di evitare di affrontare in modo ragionevole questi problemi. Egualmente il richiamo alla contrapposizione laici/cattolici è il modo (o così almeno mi sembra) per non fare i conti con i veri problemi della cultura laica in Italia oggi.

Nel nuovo anno, di fronte alla necessità di ritrovare la coesione sociale e una visione "alta" delle questioni politiche, – raccogliendo l’invito contenuto nella Caritas in Veritate – occorrono uomini rinnovati nello Spirito, cittadini capaci di dar vita e animare istituzioni in grado di perseguire, secondo il metodo sussidiario e l’esercizio costante delle virtù, quel bene di tutti e di ciascuno che è il bene comune.