L'Occidente e l'Iran

di Alia K. Nardini

Le affermazioni del presidente dell’Iran che hanno equiparato la politica internazionale di Barack Obama a quella di George W. Bush hanno portato il mondo ad interrogarsi sul vero significato del termine “libertà”. Se pur vero è che le violente repressioni nelle piazze di Teheran sono state unanimemente condannate, in Occidente è riemersa l’annosa questione riguardante l’atteggiamento da tenersi verso i paesi tirannici che opprimono il loro popolo.

Ahmadinejad non ha completamente torto. I due principi cardine su cui ruota la nozione di Stato, e dai quali dipende la sua legittimità, sono l’integrità territoriale e la sovranità nazionale: ovvero, la capacità di ogni paese di autogovernarsi e di seguire il proprio destino. Ogni nazione ha la sua storia, ognuna differente dalle altre, e talvolta è la storia stessa che impone alla popolazione di pagare con il sangue il prezzo della propria libertà (e l’Italia lo sa bene). Perché dunque l’Occidente non accetta che anche l’Iran segua la propria strada, e che i suoi governanti, giusti o crudeli che siano -in particolar modo quelli crudeli- rispondano al loro popolo delle proprie azioni? Perché questo desiderio di modificare il cammino politico di una nazione dall’esterno, ammessa e non concessa l’attenuante dell’emergenza umanitaria?

L’Occidente, al di là di quanto sovente si ribadisca, tende spesso a voler influire su ciò che accade in altri paesi, specialmente quando reputa i loro sistemi politici, ma soprattutto etici, troppo distanti dai propri. Questo accade a destra così come a sinistra dello spettro politico ed istituzionale. Ciò che differenzia i due approcci sono unicamente le modalità di attuazione del cambiamento che si vorrebbe portare.

Nel caso specifico dell’Iran, qualsiasi intervento esterno risulterebbe ugualmente forzoso all’interno del suo naturale cammino: un’ipotetica guerra preventiva intrapresa per privare Teheran del nucleare, deporre i suoi dittatori, accelerare il suo processo di democratizzazione e portare la sicurezza nel mondo (come chiedeva Bush), così come l’imposizione del dialogo e di concessioni economiche per modificare gradualmente il clima politico e sociale all’interno del paese (la linea che molti vedono rispondente al progetto di Obama). Dunque, in questo senso Ahmadinejad ha ragione ad affermare che l’Occidente ed in particolare l’America sta entrando in un ambito che non le compete.

Quello che Ahmadinejad tuttavia non considera è che, se il regime iraniano vorrà insistere a reprimere nel sangue e nella censura il cambiamento, nulla potrà impedire all’Occidente di intraprendere ogni iniziativa legittima -di natura economica, politica e diplomatica- affinché il popolo venga ascoltato. La facoltà di scelta alla quale un paese ha legittimamente diritto implica necessariamente la possibilità di altre nazioni di fare altrettanto, ed agire altrettanto liberamente.