Irving Kristol

di Alia K. Nardini


22 gennaio 1920 – 18 settembre 2009


Nel 1967, Irving Kristol – con l’ironia che da sempre lo caratterizzava – definì gli intellettuali “uomini che parlano autorevolmente di argomenti dei quali non hanno in realtà una specifica conoscenza”. È possibile affermare oggi che Kristol, secondo i suoi stessi standard, era un intellettuale atipico.

Irving Kristol fu difatti in grado di influenzare profondamente la vita politica, culturale ed accademica statunitense per più di quarant’anni, e con immensa competenza. Era un intellettuale, ma anche un filosofo, un giornalista, un umanista. Conosceva a fondo l’arte, la storia e la religione. Aveva quel rarissimo dono, non comune tra gli accademici, di saper scrivere saggi estremamente incisivi ed affascinanti, ed allo stesso tempo di riuscire parlare in pubblico con la medesima grazia, stimolando la mente e nutrendo lo spirito di chi lo ascoltava.

Sin dal 1979, data nella quale conquistò la copertina della rivista Esquire come “padrino” della forza politica allora più innovativa ed influente d’America, il neoconservatorismo, è rimasto per definizione il padre di tale persuasione. Ne fu indirettamente artefice sin dagli anni in cui frequentava il City College di New York, quando si incontrava nell’Alcova 1 con gli altri studenti (Seymour Martin Lipset, Daniel Bell e Nathan Glazer, per citarne solo alcuni) i cui cuori battevano visceralmente a sinistra, ma che come lui provavano sdegno e insoddisfazione verso le politiche repressive di Stalin. Inizialmente ciò portò Kristol a simpatizzare per il trotskyismo; venne poi allontanato dal movimento perché troppo giovane, inesperto e borghese – nelle convinzioni, più che nelle origini, data la sua provenienza da una modesta famiglia ebrea di Brooklyn.

Servì nella Dodicesima divisione di fanteria durante la Seconda guerra mondiale; ed a chi lo accusava di essere un “falco” in politica estera, spiegava che la guerra talvolta era inevitabile, lui che la guerra l’aveva vissuta sulla propria pelle. Argomentava in modo persuasivo ed equilibrato – forse tra i più equilibrati, tra i neoconservatori – che il ricorso alle armi doveva rappresentare l’ultima opzione tra quelle disponibili; ciò nonostante, si dimostrava certo di quello che reputava essere il ruolo dell’America nel mondo: era la “constatazione riluttante” dello scarso impegno delle nazioni europee in politica estera, ambito sempre più delegato all’America, che portava lo studioso a riscontrare come le crisi internazionali oggi non sono più risolvibili se non tramite l’intervento americano.

Irving Kristol era un conservatore nei valori, che si erano radicati nel suo animo e nei suoi scritti in opposizione alla controcultura ed alle devianze del liberalismo negli anni Sessanta e Settanta; ma restava nell’animo un innovatore, un inguaribile ottimista, convinto – e questa è una caratteristica che ancora oggi il neoconservatorismo mantiene – che sebbene la realtà possa preoccupare o deludere, vi sia sempre spazio per migliorarla. Proprio in virtù di questa sua fiducia nel futuro, Kristol si impegnò sempre in progetti nuovi, con instancabile entusiasmo, collaborando sin dal secondo dopoguerra alla prestigiosa rivista Commentary con l’amico Norman Podhoretz.

Contribuì a fondare negli anni Cinquanta le leggendarie Reporter ed Encounter, pubblicazioni che furono di grande importanza per dar forma e spessore al dibattito pubblico sui grandi temi sociali dell’uguaglianza di censo, razza e genere negli anni a seguire. Fondò nel 1965 insieme a Daniel Bell The Public Interest, che condusse poi brillantemente con Nathan Glazer per più di trent’anni. Dalle pagine del Wall Street Journal, contribuì a diffondere – e difendere – il capitalismo in quella che reputava essere la sua formulazione ottimale, quella di Adam Smith, pur non lesinando critiche ai suoi aspetti più problematici. Diede lustro alla casa editrice Basic Books, rendendola un importante punto di riferimento e di confronto per il pensiero conservatore; e portò un piccolo think tank di Washington, l’American Enterprise Institute, alla ribalta della vita politica statunitense fino al trionfo con la Presidenza Bush.

Nella vita privata, fu leale con gli amici, fonte di ispirazione per i figli – ne è esempio la carriera brillante del figlio William, meglio conosciuto come Bill – e confronto e sostegno per la moglie, l’eccellente storica Gertrude Himmelfarb. In nuce, Irving Kristol fu una mente affascinante, un uomo in grado di reinventarsi che senza timore seppe dire addio ai progetti della sinistra Democratica in cui aveva fermamente creduto, quando essi non si dimostrarono più rispondenti ai bisogni della grande tradizione americana, per schierarsi risolutamente a destra, pur mantenendo intatta la propria caratura morale ed i propri capisaldi intellettuali.

Imperturbabile di fronte alle dubbie accuse di sionismo militante e bigotteria ultraconservatrice, avanzategli da chi non lo conosceva né capiva, Kristol ha attraversato quasi un secolo di storia testimoniando la verità del suo essere, scrivendo, dialogando, confrontandosi e consigliando coloro che gli erano accanto con la serenità e la certezza delle sue convinzioni. Un “guerriero sereno”, come lo ha definito Charles Krauthammer, che ha lottato per rendere gli Stati Uniti ed il mondo un luogo migliore.