Difesa dell'occidente, non minaccia verso Mosca

di Alia K. Nardini

Il terzo sito per la difesa missilistica europea (così chiamato poiché si va a sommare ai due già esistenti a Fort Greeley, Alaska, e Vandenberg, California) comprenderà come noto una stazione radar nella Repubblica Ceca e una serie di dieci missili intercettori in Polonia; il suo scopo dichiarato è quello di difendere l’Europa da un eventuale attacco da parte di paesi mediorientali ostili, in particolar modo dall’Iran, impegnato a perseguire il nucleare.

Questo progetto rappresenta uno degli elementi che vanno ad inserirsi in un più ampio programma degli Stati Uniti per la difesa dell’Occidente dal terrorismo e dall’Asse del Male. Il terzo sito verrà approntato con piena collaborazione da parte della NATO, la quale ha approvato ufficialmente il piano in quanto facente parte del sistema di sicurezza collettivo dell’Alleanza. Si attendono ora le delibere dei Parlamenti di Polonia e Repubblica Ceca per completare le fasi successive entro il 2012.

Gli Stati Uniti auspicarono inizialmente il coinvolgimento del Cremlino già nella primavera 2007, nell’ottica della proposta americana del 2001 di collaborazione tra Russia e USA ad una vasta gamma di attività di difesa missilistica. L’America ha sempre specificato come lo scudo abbia scopi puramente difensivi: non riflette dunque alcuna intenzione belligerante da parte dei paesi membri, anzi intende unicamente garantire protezione all’Europa ed alla stessa Russia dalla minaccia mediorientale. Gli intercettori colpiscono difatti i missili intercontinentali in volo suborbitale grazie ad un meccanismo di acquisizione del bersaglio, e provvedono al suo annientamento esosferico sfruttando l’energia cinetica dei missili al loro rientro in traiettoria. L’impatto ad alta velocità fa esplodere entrambe al di fuori dell’atmosfera ad un’altitudine superiore ai 200km, in un tempo di reazione va da 2 a 15 minuti. Ciò significa che, non essendo dotati di capacità esplosiva, gli intercettori sono utili per scopi unicamente difensivi (né attacco né rappresaglia, dunque); la traiettoria di gittata non permetterebbe neppure che, nell'improbabile eventualità in cui la Russia attaccasse l'Europa con propri missili, gli intercettori fossero in grado di fermarli.

Ciò nonostante, il Presidente russo Dmytry Medvedev ha ribadito più volte la propria contrarietà al terzo sito europeo. Dopo un’iniziale apertura dell’ex-premier Vladimir Putin all’utilizzo di dati provenienti da un sistema di difesa aerea situato in Azerbaigian (il radar di Qabala costruito nel 1985, che tuttavia Bush definì una “valida integrazione, ma in nessun modo una soluzione alternativa al progetto americano”), Medvedev ha dichiarato che Mosca non attenderà che quella che non ha esitato a definire una “minaccia” per il suo paese si concretizzi: facendo seguire alle parole i fatti, il Presidente russo ha confermato la propria decisione di revocare lo smantellamento della divisione missilistica di SS-18 -gittata 10mila chilometri, dunque potenzialmente in grado di colpire gli Stati Uniti- a Kozelsk, e ha varato il dispiegamento di missili Iskander -gittata 300 chilometri, e quindi capaci di arrivare in Europa- nella regione baltica di Kaliningrad.

In realtà, studiosi autorevoli come l’analista politico statunitense Robert Kagan vedono nella riluttanza di Mosca a collaborare con gli Stati Uniti il contrasto tra le velleità di potenza russe, rafforzate dal legame con l’Europa nell’ambito dell’energia e del petrolio e dalle posizioni conciliatorie assunte da quest’ultima in occasione della crisi georgiana; e la volontà di Washington di influire sul processo di democratizzazione delle ex repubbliche sovietiche, per contrastare l’emergere della Russia come nuova potenza globale ed antagonista all’America. In tale ottica, si intuisce come secondo Medvedev e l’ora Primo Ministro Putin sarebbe più auspicabile vedere un diffuso sistema regionale europeo-russo che crei partnership coordinabili da Mosca, piuttosto che un seppur ridotto controllo statunitense sull’Europa.

Gli Stati Uniti sono stati -certamente fino a questo momento, e ci si augura anche con la prossima presidenza Obama- pienamente consapevoli della propria autorevolezza e responsabilità nel promuovere ed attuare il sistema di difesa aerea in Europa. L’appello ad una rapida approvazione da parte dei Parlamenti della Repubblica Ceca e Polonia, unitamente all’invito ad una totale ed attiva collaborazione rivolto ai leader europei, è stato rinnovato in diverse occasioni dall’Amministrazione statunitense e sottoscritto da numerosi organismi nel panorama intellettuale e culturale americano, come l’American Enterprise Institute e la Heritage Foundation. Come nota lo studioso dell’AEI Reuel Marc Gerecht, l’America è d’altronde ben conscia delle implicazioni che graverebbero sulle relazioni transatlantiche in seguito ad un eventuale insuccesso -o indefinito posticipo- del sito europeo di difesa missilistica.

L’Italia finora non ha saputo intervenire con voce forte e chiara sull’argomento, ostaggio di pericolose dipendenze energetiche filo-putiniane e di molta, troppa ignoranza su questo tema tanto delicato. Ciò nonostante, la nostra posizione ambivalente -sovente definita di “mediazione”, ma in realtà troppo pronta ad accantonare i valori occidentali e la sicurezza nazionale a fronte di particolari quanto discutibili interessi economici- non può che avere vita breve. Per mantenere salda l’Alleanza Atlantica, per difendere l’Europa da potenze ostili, ma soprattutto in virtù dei principi sui quali l’Occidente è fondato, l’efficacia dello scudo sembra essere massima e va ribadita senza esitazioni.